Oggi mi è capitato di leggere un vecchio post ( 30 ottobre 2006) del forum di comicus in cui si parlava del rapporto tra editori e autori, in particolare la discussione verteva sull’articolo di Michele Ginevra. Premesso che sostanzialmente l’articolo diceva agli autori di farsi furbi, non accettare compromessi alla loro creatività, non scimmiottare stili e storie altrui, pur di pubblicare, ma di imporsi all’editore di turno, sia dal punto di vista creativo sia da quello economico, per il riconoscimento del proprio lavoro svolto. In seguito sono nate una serie di polemiche, tipiche dei forum, un po’ come capita nei programmi televisivi che si occupano di politica. Senza entrare nel merito delle singole discussioni, mi è venuta voglia di dire la mia.
ESISTE LA CRISI DEL SETTORE FUMETTO? Forse, in particolare per alcuni tipi di pubblicazioni, c’è un calo di lettori come numero totale, ma ci sono tanti singoli che comprano molte pubblicazioni, un po’ come capita con i libri. Certo, la maggior parte di coloro che conosco legge poco fumetto, conosce qualche pubblicazione di quelle che sono in edicola e ignora quasi del tutto l’esistenza delle fumetterie. Ma quindici anni fa era diverso? Il mercato offriva molte meno pubblicazioni, alla fine compravi ciò che c’era, con quei pochi soldi che avevi, altrimenti andavi a leggere a scrocco da qualche amico più fortunato. Le riviste contenitore sul tipo del vecchio Comic Art o l’Eternauta o Linus, davano la possibilità di conoscere diversi autori, ma costavano molto già allora, ma alla fine spendevi quei soldi volentieri pur di leggere cose nuove (Per fortuna la biblioteca vicino a casa mia le teneva in abbonamento).
Oggigiorno le riviste contenitore vivacchiano oppure tendono a chiudere dopo pochi numeri, sigh! Pochi lettori, acchiappati da altri tipi di pubblicazioni offerte. Quello che voglio dire è che, sostanzialmente, aumentando l’offerta, ma rimanendo pressappoco invariata l’utenza, i dividendi sono meno per tutti…
AUTORI ED EDITORI, UN ESEMPIO DI CONFLITTO SOCIALE, TIPO PADRONI E SERVI?
L’avvento del computer e un certo benessere hanno cambiato diverse cose. Oggigiorno, un giovane che non abbia solo voglia di schiantarsi contro un platano, ha molte più possibilità di esprimere la propria personalità: può aprirsi un blog su cui scrivere ciò che vuole, può facilmente fare musica (conosco più musicisti per diletto che fumettisti), può fare fumetti, ci sono corsi per imparare a fare di tutto. Una volta era più difficile, pochi corsi, pochi spazi, pochi mezzi, ma l’altra faccia della medaglia è che la concorrenza è aumentata in modo esponenziale, ovunque ti giri trovi musicisti, scrittori, fumettisti, ballerini, attori e artisti in generale! Ma i posti a disposizione sono sempre gli stessi, e a meno di eliminare ogni anno una quota di quelli che occupano il posto che noi ci sogniamo di meritare, le possibilità di emergere diventano soggette a fattori quasi casuali, in cui incide il talento, la determinazione o costanza e una buona dose di fortuna per capitare nel posto giusto al momento giusto. Rassegnarsi? Certo che no, ma non lagnarsi troppo o passare il tempo ad essere gelosi del prossimo. I giovani autori si lamentano che sono pagati poco (anche quelli già affermati), giustamente vorrebbero che il loro lavoro fosse riconosciuto come si deve. Ma una piccolissima casa editrice come può riuscire a pagare il giusto senza rimetterci troppo? Pensando a questi problemi mi è venuto un paragone con la ricerca universitaria: anche la ricerca si basa sulle pubblicazioni, che ti aiutano a fare carriera. Alcune sono più prestigiose altre sono minori, ma tutti si pubblica, pur di andare avanti. Il giovane e speranzoso possibile futuro ricercatore è come un autore di fumetti, ha un grande sogno da realizzare, un idea che nella sua mente lo porterà al Nobel. L’autore/ricercatore farebbe di tutto per vedere realizzato il suo progetto, ma ahimè deve scontrasi con alcuni fattori: la borsa (quando c’è) che riceve (dal suo professore/editore) per concretizzare la sua idea in una pubblicazione è spesso troppo esigua e assolutamente non proporzionale alle ore di lavoro dedicate. Spesso deve scendere a compromessi con il suo professore/editore che impone il suo volere sullo sviluppo dell’idea, d’altronde ha lui il coltello dalla parte del manico. Talvolta il proprio lavoro non viene capito e spesso deve rivolgersi alla pubblicazione su di una rivista minore. Altri ricercatori/autori con professori/editori più influenti riescono a pubblicare di più, anche se sono meno bravi. Spesso una buona idea dopo la pubblicazione non riesce a trovare uno sbocco reale sul mercato, mancano le infrastrutture per diffonderla all’utente finale, il pubblico, a causa di scarsità di fondi a disposizione, poca pubblicità o fatta male. Al nostro autore/ricercatore non rimangono molte possibilità: sa che il mercato è saturo, se molla tutto altri cento stanno aspettando per entrare in quel laboratorio, potrebbe fuggire all’estero, magari in Francia, sperando che così le cose vadano meglio. Ma in questo caso si chiama “fuga dei cervelli”. Quello che voglio dire è che molte difficoltà professionali sono ormai comuni a settori in apparenza distanti. I problemi andrebbero affrontati in un’ottica più generale, non considerando se stessi, da soli, come un singolo artigiano, ma confrontandosi con le altre categorie di lavoratori, il mercato alla fine è solo uno…
Oggigiorno le riviste contenitore vivacchiano oppure tendono a chiudere dopo pochi numeri, sigh! Pochi lettori, acchiappati da altri tipi di pubblicazioni offerte. Quello che voglio dire è che, sostanzialmente, aumentando l’offerta, ma rimanendo pressappoco invariata l’utenza, i dividendi sono meno per tutti…
AUTORI ED EDITORI, UN ESEMPIO DI CONFLITTO SOCIALE, TIPO PADRONI E SERVI?
L’avvento del computer e un certo benessere hanno cambiato diverse cose. Oggigiorno, un giovane che non abbia solo voglia di schiantarsi contro un platano, ha molte più possibilità di esprimere la propria personalità: può aprirsi un blog su cui scrivere ciò che vuole, può facilmente fare musica (conosco più musicisti per diletto che fumettisti), può fare fumetti, ci sono corsi per imparare a fare di tutto. Una volta era più difficile, pochi corsi, pochi spazi, pochi mezzi, ma l’altra faccia della medaglia è che la concorrenza è aumentata in modo esponenziale, ovunque ti giri trovi musicisti, scrittori, fumettisti, ballerini, attori e artisti in generale! Ma i posti a disposizione sono sempre gli stessi, e a meno di eliminare ogni anno una quota di quelli che occupano il posto che noi ci sogniamo di meritare, le possibilità di emergere diventano soggette a fattori quasi casuali, in cui incide il talento, la determinazione o costanza e una buona dose di fortuna per capitare nel posto giusto al momento giusto. Rassegnarsi? Certo che no, ma non lagnarsi troppo o passare il tempo ad essere gelosi del prossimo. I giovani autori si lamentano che sono pagati poco (anche quelli già affermati), giustamente vorrebbero che il loro lavoro fosse riconosciuto come si deve. Ma una piccolissima casa editrice come può riuscire a pagare il giusto senza rimetterci troppo? Pensando a questi problemi mi è venuto un paragone con la ricerca universitaria: anche la ricerca si basa sulle pubblicazioni, che ti aiutano a fare carriera. Alcune sono più prestigiose altre sono minori, ma tutti si pubblica, pur di andare avanti. Il giovane e speranzoso possibile futuro ricercatore è come un autore di fumetti, ha un grande sogno da realizzare, un idea che nella sua mente lo porterà al Nobel. L’autore/ricercatore farebbe di tutto per vedere realizzato il suo progetto, ma ahimè deve scontrasi con alcuni fattori: la borsa (quando c’è) che riceve (dal suo professore/editore) per concretizzare la sua idea in una pubblicazione è spesso troppo esigua e assolutamente non proporzionale alle ore di lavoro dedicate. Spesso deve scendere a compromessi con il suo professore/editore che impone il suo volere sullo sviluppo dell’idea, d’altronde ha lui il coltello dalla parte del manico. Talvolta il proprio lavoro non viene capito e spesso deve rivolgersi alla pubblicazione su di una rivista minore. Altri ricercatori/autori con professori/editori più influenti riescono a pubblicare di più, anche se sono meno bravi. Spesso una buona idea dopo la pubblicazione non riesce a trovare uno sbocco reale sul mercato, mancano le infrastrutture per diffonderla all’utente finale, il pubblico, a causa di scarsità di fondi a disposizione, poca pubblicità o fatta male. Al nostro autore/ricercatore non rimangono molte possibilità: sa che il mercato è saturo, se molla tutto altri cento stanno aspettando per entrare in quel laboratorio, potrebbe fuggire all’estero, magari in Francia, sperando che così le cose vadano meglio. Ma in questo caso si chiama “fuga dei cervelli”. Quello che voglio dire è che molte difficoltà professionali sono ormai comuni a settori in apparenza distanti. I problemi andrebbero affrontati in un’ottica più generale, non considerando se stessi, da soli, come un singolo artigiano, ma confrontandosi con le altre categorie di lavoratori, il mercato alla fine è solo uno…